Capitolo 2 - Gli Illuministi
Passarono
molti giorni e la vita nel regno sembrava tornata a scorrere felice e
tranquilla. Il sole scaldava ancora le pareti del castello ma nell’aria si
avvertivano i primi sentori dell’inverno pronto ad avvolgere, nelle sue spire
gelide, il mondo tutto intorno.
Il fumo
proveniente dalle tazze ricolme di tè appariva denso e compatto al chiarore
della tenue luce del mattino. Il Principe e il Gran Ciambellano seduti nella
terrazza del castello, sorseggiavano la bevanda in silenzio, sullo sfondo delle
colline biancheggianti di brina notturna, resistente ai tiepidi raggi del sole
autunnale;
-
A volte,
caro amico, temo di averle concesso troppa autonomia in questi anni.
-
Perché mi
fa notare questo Signore?
Il Gran
Ciambellano non si scompose, era abituato alle provocazioni del Principe.
-
Mi
giungono voci di disordini e proteste non ancora sedate e mi chiedevo chi ne fosse
responsabile?
-
Abbia
pazienza Signore, sono ancora quei ragazzi. Gli Illuministi. Sono giovani e
irrequieti.
-
Ma non li
avevamo uccisi tutti?
-
Sì
Padrone, ma prima di morire avevano messo in giro degli scritti. Qualcuno li avrà letti e adesso gli
Illuministi sono più di prima!
-
Lo dicevo
io che insegnare ai giovani a leggere e scrivere era un errore. Si ricordi, Gran
Ciambellano, l’istruzione è un lusso, dovrebbe essere concessa solo a chi se la
può permettere.
Ai
sudditi porta solo dolore e inutili preoccupazioni.
-
Ne
convengo Padrone.
-
E lo
credo! Adesso ci toccherà ucciderne molti di più.
-
Mi spiace
che la cosa la rattristi Padrone.
-
Certo che mi rattrista, si tratta di
manodopera specializzata! Ha idea di quanto mi costerà doverla rimpiazzare?
Il Gran
Ciambellano uscì dall’incontro pensieroso. Ancora una volta il suo ufficio lo obbligava
ad accollarsi il peso di compiti oltremodo sgradevoli. Non che avesse problemi a
mandare a morte quei facinorosi, ma lo indispettiva doverlo fare a causa della
loro stupidità. Se fossero stati spinti dall’ambizione di arricchirsi,
piuttosto che dalla lussuria, o meglio, com’era più naturale, dalla sete di
potere, lo avrebbe capito, ma farsi ammazzare per l’assurda pretesa di credersi
uguali al Principe, di essere liberi e indipendenti, non riusciva a concepirlo.
Era contro natura.
Inoltre aveva la
sensazione che quello fosse solo l’inizio. Non fu sorpreso, infatti, tempo
dopo, di essere nuovamente convocato d’urgenza, a riferire della situazione
dell’ordine pubblico divenuta ormai insostenibile.
Arrivò al calar
della notte. Il castello appariva lugubre e silenzioso. Le stanze del Principe
erano le uniche illuminate. Il viso del nobiluomo era turbato e la sua
espressione non mutò quando vide il Gran Ciambellano vestito con corazza, spada
ed elmo invece dei tradizionali e comodi abiti di sartoria;
-
Allora?
Gran Ciambellano, perché non si riesce più a governare in pace questo paese? Ho
notizie di tumulti in tutto il regno. Che cosa stiamo facendo? Non ne abbiamo
ammazzati abbastanza?
-
Se è per
quello, Padrone, abbiamo assunto due aiutanti al boia. Lavorano ventiquattro
ore su ventiquattro, sabato e domenica compresi, per smaltire tutto il lavoro
arretrato.
-
E allora?
Perché non siete ancora riusciti a ristabilire l’ordine?
-
Vede
Padrone, per uno che ne uccidiamo altri due prendono il suo posto. Sembrano non
finire mai e non c’è modo di farli desistere.
-
Ma come è
possibile?
-
La gente è
esasperata Padrone, ha fame!
-
E quale sarebbe
la novità? Il Popolo ha sempre avuto fame. Se ha fame, lavora meglio e non si
lamenta della fatica. S’immagini se quelli lavorerebbero a stomaco pieno!
-
Certo
Padrone, ma adesso credono in queste nuove idee. Siccome sono loro a lavorare, vogliono
che il raccolto, prima di essere conferito ai vostri magazzini, debba essere
usato per sfamare il Popolo. Sono convinti che tutti gli uomini siano uguali e abbiano
uguali diritti. Sono pronti a morire per questo!
-
Bene
allora, accontentiamoli. Li faccia passare tutti per le armi!
-
Io vorrei
Padrone, mi creda, ma quelli adesso hanno imbracciato i forconi e stanno
macellando le guardie che avevamo mandato ad arrestarli.
-
Davvero?
-
Sì Padrone
e credo che sia meglio, per la sua incolumità, scappare e nascondersi, prima
che riescano a entrare a palazzo.
Per fortuna il
Gran Ciambellano era un uomo previdente e prima di recarsi al castello aveva
minuziosamente preparato un piano di fuga per il Principe e ovviamente per sé.
La situazione, ormai sfuggita di mano, non offriva alternative se non quella di
nascondersi e aspettare tempi migliori.
Si rifugiarono
in una delle numerose residenze del Principe, una villa favolosa in cima a una
scogliera a picco sul mare. Nessuno conosceva l’identità del vero proprietario.
Si credeva appartenesse a un’antica famiglia di nobili decaduti. Lì nessuno
sarebbe andato a cercarli e avrebbero avuto il tempo di esaminare la situazione
e studiare il modo per venirne fuori.
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