martedì 25 febbraio 2014

Stati Uniti d’Europa: sogno o realtà?

Se provate a chiedere a un cittadino Italiano quali siano stati i vantaggi di avere sottoscritto i Trattati Europei o di essere entrati a far parte della Moneta Unica, ne riceverete risposte generiche derivate, per lo più, da slogan sentiti in televisione. Idem se si prospetta una salvifica uscita dalla Moneta Unica con il conseguente non rispetto dei suddetti trattati; le risposte sono ancor più stereotipate ma questa volta condite da un catastrofismo di tipo fondamentalista.
I fatti però, mano a mano che la crisi economica dispiega tutto il suo potenziale distruttivo, sembrano sempre più non andare d’accordo con le opinioni di derivazione televisiva e giornalistica. Di fronte alla debacle delle politiche economiche degli ultimi venti anni, le argomentazioni per rassicurare il cittadino, sempre più impoverito e tartassato, iniziano a scarseggiare. Ce n’è una però che va ancora per la maggiore e funziona perché lascia intravedere un obiettivo alto, ambizioso, salvifico: la costruzione degli Stati uniti d’Europa, di una federazioni di Nazioni, sulla falsa riga di quella degli Stati USA, che condividono leggi, organi di rappresentanza, ordinamento fiscale e soprattutto prosperità. Il cittadino, rassegnato, crede che i sacrifici di oggi siano necessari per la prosperità di domani, per la costruzione di un Eden Europeo fotocopia di quello Americano, di cui pochi però hanno conoscenza diretta al di là degli stereotipi hollywoodiani. A prescindere dalle considerazioni sull’effettiva bontà del modello nord Americano, la domanda sorge spontanea: gli Stati Uniti d’Europa sono un sogno o una realtà? 
A mio parere sono un sogno anzi una balla colossale, per molteplici ragioni che tutti possono comprendere. Gli Stati Europei condividono, oltre ad alcuni confini geografici, praticamente nulla. Ci sono ventitre lingue diverse in Europa e ogni paese ha una storia millenaria alle spalle. Ma se questo non bastasse, l’assurdità di una tale ipotesi è ancor più evidente se la si esamina da un punto di vista economico. Gli Stati Uniti d’Europa, se mai esisteranno, dovrebbero necessariamente prevedere anche l’unione fiscale. Negli USA è prassi consolidata operare trasferimenti fiscali dagli Stati più ricchi a quelli più poveri. E’ questo il minimo comune denominatore di una federazione di Stati: la condivisione del debito e il trasferimento di ricchezza tra gli Stati aderenti per equiparare le condizioni di vita dei cittadini della federazione. Cioè la ricca Finlandia o l’algida Baviera dovrebbero trasferire parte delle loro ricchezze al Peloponneso o alla Basilicata. Basta questo per rendersi conto di quanto assurdo sia solo pensare che un simile obiettivo sia realizzabile. Allora perché i nostri politici e i media quasi all’unisono continuano a sostenere questo evidente paradosso? Per caso c’è qualcuno, ai vertici delle istituzioni, in Italia e in Europa, che da tutto questo e dalla crisi economica ci guadagna e ha tutto l’interesse affinché si perseveri sulla strada che sta portando quella che era la settima potenza industriale del pianeta verso l’abisso? 

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