Stati Uniti d’Europa: sogno o realtà?
Se provate a chiedere a un cittadino Italiano quali
siano stati i vantaggi di avere sottoscritto i Trattati Europei o di essere
entrati a far parte della Moneta Unica, ne riceverete risposte generiche
derivate, per lo più, da slogan sentiti in televisione. Idem se si prospetta
una salvifica uscita dalla Moneta Unica con il conseguente non rispetto dei
suddetti trattati; le risposte sono ancor più stereotipate ma questa volta
condite da un catastrofismo di tipo fondamentalista.
I fatti però, mano a mano
che la crisi economica dispiega tutto il suo potenziale distruttivo, sembrano
sempre più non andare d’accordo con le opinioni di derivazione televisiva e
giornalistica. Di fronte alla debacle
delle politiche economiche degli ultimi venti anni, le argomentazioni per
rassicurare il cittadino, sempre più impoverito e tartassato, iniziano a
scarseggiare. Ce n’è una però che va ancora per la maggiore e funziona perché
lascia intravedere un obiettivo alto, ambizioso, salvifico: la costruzione
degli Stati uniti d’Europa, di una federazioni di Nazioni, sulla falsa riga di
quella degli Stati USA, che condividono leggi, organi di rappresentanza,
ordinamento fiscale e soprattutto prosperità. Il cittadino, rassegnato, crede
che i sacrifici di oggi siano necessari per la prosperità di domani, per la
costruzione di un Eden Europeo fotocopia di quello Americano, di cui pochi però
hanno conoscenza diretta al di là degli stereotipi hollywoodiani. A prescindere
dalle considerazioni sull’effettiva bontà del modello nord Americano, la
domanda sorge spontanea: gli Stati Uniti d’Europa sono un sogno o una
realtà?
A mio parere sono un sogno anzi una balla colossale, per molteplici
ragioni che tutti possono comprendere. Gli Stati Europei condividono, oltre ad
alcuni confini geografici, praticamente nulla. Ci sono ventitre lingue diverse
in Europa e ogni paese ha una storia millenaria alle spalle. Ma se questo non
bastasse, l’assurdità di una tale ipotesi è ancor più evidente se la si esamina
da un punto di vista economico. Gli Stati Uniti d’Europa, se mai esisteranno, dovrebbero
necessariamente prevedere anche l’unione fiscale. Negli USA è prassi consolidata
operare trasferimenti fiscali dagli Stati più ricchi a quelli più poveri. E’
questo il minimo comune denominatore di una federazione di Stati: la
condivisione del debito e il trasferimento di ricchezza tra gli Stati aderenti
per equiparare le condizioni di vita dei cittadini della federazione. Cioè la
ricca Finlandia o l’algida Baviera dovrebbero trasferire parte delle loro
ricchezze al Peloponneso o alla Basilicata. Basta questo per rendersi conto di
quanto assurdo sia solo pensare che un simile obiettivo sia realizzabile. Allora
perché i nostri politici e i media quasi all’unisono continuano a sostenere
questo evidente paradosso? Per caso c’è qualcuno, ai vertici delle istituzioni, in Italia e in Europa, che da
tutto questo e dalla crisi economica ci guadagna e ha tutto l’interesse
affinché si perseveri sulla strada che sta portando quella che era la settima
potenza industriale del pianeta verso l’abisso?
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